mercoledì 12 dicembre 2012

DOCUMENTI-VENEZIA-NIZZA-2008



Dal 23 al 27 agosto 2008
Torna a Raid


1° Tappa   VENEZIA - MANTOVA

Di nuovo in sella!

«Mama madona dei Veneziani, ti te ricordi secoli fa, l’ambasciatore dei mantovani a giugno a peste el n’ha portà...»
Sotto le volute concentriche in marmo, i cosiddetti torciglioni, della Basilica di Santa Maria della Salute non possono non venirci in mente le prime strofe della nota canzone di Alberto D’Amico. Ecco, oggi noi siamo qui riuniti, alle ore 8.30 di una luminosissima mattina di fine agosto vagamente commossi, all’ombra della cupola della Salute per la partenza dell’ennesimo viaggio del Pedale Veneziano. Abbiamo deciso ormai da anni di iniziare le nostre spedizioni, tranne rarissime eccezioni, sempre da qui, da questa basilica che è sicuramente la più cara ai veneziani doc, che ci ricorda il passato, il legame con la nostra storia, che ci fa anche sperare in un tragitto ricco di salute e senza inconvenienti. Noi ciclisti le tentiamo tutte, ne abbiamo veramente bisogno di salute, fortuna e protezione, sotto tutte le forme, sempre in equilibrio precario su un paio di centimetri di caucciù a pochissima distanza da potenziali strumenti di morte che ci sfiorano di continuo.
Amici, parenti, figli, nipoti, una variopinta folla, che a stento nasconde la fatica di un risveglio precoce (anche al sabato così presto, uffa!) la faccia baffuta e gioviale del nostro assessore allo Sport, Sandro Simionato, ventisei biciclette appoggiate sugli scalini ndella magnifica basilica, pur abbondantemente incerottata e bendata per via degli immancabili restauri. Tutto questo hanno visto i pochi turisti mattutini che vagavano sulle sponde del Canal Grande. Hanno potuto assistere alla cerimonia breve ma sentita, alle parole toccanti del nostro assessore che ci augura buona fortuna e ci ringrazia per portare un’altra volta il nome di Venezia sportiva in giro per il mondo, con la nostra immagine scanzonata ma seria, pulita, di appassionati dello sport puro, immagina molto distante – anche dal punto di vista anagrafico – rispetto ad uno sport di puro agonismo e competizione. Scambio di doni con l’Assessore Simionato e anche con l’amico Italo Trevisan, in un impeccabile completo candido, nostro uomo all’Avana, anzi a Montecarlo, che ci aiutato a tenere i rapporti istituzionali con la capitale monegasca., col governo e con la locale casa da gioco per gli incontri ufficiali di sabato 30 agosto. Un grazie dii cuore anche a te, Italo.
Espletate le formalità, le foto di rito con lo striscione che reclamizza la nostra spedizione, gli scatti fotografici con tutti noi e anche con i sette fedelissimi amici ciclisti di Orgiano, giunti in laguna dalla cittadina vicentina dei Monti Berici, soci della locale società ciclistica gemmellata col Pedale Veneziano. Accompagneranno tutti noi e scorteranno il loro presidente Biagio Pedrina nella prima parte della tappa dato che proprio ad Orgiano faremo la sosta pranzo grazie alla potente organizazione della locale Pro Loco e del gruppo degli alpini.
Ma basta ciance, è veramente ora e tempo di mettersi in sella, anche se si sa che la prima tappa deve sempre pagare dazio gli impegni istituzionali. Alle 10,20 riusciamo finalmente a partire, non senza aver fatto una capatina nella Chiesa dei Tolentini, dove ci aspettava il nostro don Mario, che ospita nei locali del patronato la nostra sede sociale, che ha voluto salutarci e rivolgerci una preghiera benaugurale rivolta ai viaggiatori. Tra la Madonna della Salute e don Mario oggi abbiamo fatto veramente il pieno. Ci sentiamo in una botte di ferro, anche un laico irriducibile come me.
Si parte e le gambe finalmente cominciano a girare: era ora. Passano davanti i nostri occhi i paesini della riviera del Brenta, da Oriago a Mira, a Dolo a Stra, dove non possiamo non sostare sotto la villa Pisani, altro luogo legato alla storia di Venezia, seppur ai tragici giorni della caduta della Repubblica e di Napoleone.
Poi si riprende ed ecco Padova, lo strappo di Teolo che ha visto i ciclisti darsi un po’ di battaglia e da qui comincia il tratto più bello, isolato, con poche macchine, curve sinuose prati verdissimi sotto i colli occhieggianti e poi la via di transito verso i colli berici, apprezzatissima, intima. E’ incredibile ma anche nel Nord-est più produttivo, normalmente conosciuto come luogo affollato da capannoni industriali e da i famigerati non-luoghi, cioè gli ipermercati e i centri commerciali, si possono trovare degli angoli paradisiaci. E noi ce li godiamo tutti.
All’una e venti giungiamo ad Orgiano dove veniamo coccolati e rifocillati con pastasciutta, prosciutto, formaggio, insalata, frutta e caffè: il tutto condito da tanta amicizia e simpatia. Grazie amici, non sapremo come sdebitarci.
E al pomeriggio cominciano le dolenti note: alle tre in punto si riprende e il caldo afoso è accompagnato da un forte vento contrario. Cosa vuol dire? Che bisogna spingere sui pedali, che bisogna faticare, che gli infiniti rettilinei si trasformano in un lento calvario, almeno per qualcuno, evidentemente un po’ meno allenato. Del resto siamo a quota 140 chilometri.
Provvidenziale sosta all’ostello di Legnago, struttura ultra-moderna e super-attrezzata che grazie ai buoni uffici e al buon rapporto di collaborazione dell’onnipresente Biagio ci offre una sosta ristoratrice. Ci voleva.
Nel gruppo cala il silenzio, si transita per Cologna Veneta, alcuni di noi amano farsi frustare le gambe dall’erbacce altissime che crescono sui bordi della strada e ci danno un piccolo sussulto e uno stimolo a continuare. Maledetti ciclisti, siamo un po’ masochisti. E siamo a quota 150 chilometri, nei pressi di Mantova su una statale che non resterà certo nella nostra storia di ciclisti. Del resto, la bassa è così, prendere o lasciare. Alle 18.20 giungiamo finalmente a Mantova con un ingresso trionfale sul ponte che separa il lago inferiore da quello superiore e la siluette dei campanili e dlle cupole mantovane.
Birra meritatissima, doccia e… a domani.


2° Tappa   MANTOVA - TORTONA

A seconda come gli…

La bicicletta è un esercizio, per fortuna, altamente democratico e quello che un giorno ti toglie, il giorno successivo te lo restituisce, magari con gli interessi. E così succede oggi durante la lunghissima tappa che ci porta da Mantova a Tortona, anzi a Rivalta Scrivia. 190 chilometri, mica bazzeccole. Se ieri, nel pomeriggio, il protagonista è stato il forte vento trasversale che ha messo a dura prova i ciclisti, prosciugandone le energie, oggi abbiamo trovato lungo tutto il percorso sempre un incoraggiante e fresco venticello a favore che ci ha accompagnato, sospinto, come una invisibile mano, verso la nostra meta lontana. E ben ce ne incolse, perché dopo la tappa di ieri, se avessimo trovato ulteriori difficoltà qualcuno avebbe decisamente tribolato più del necessario. Del resto in un gruppo così numeroso, dove i nonni sono decisamente in numero maggiore rispetto ai giovanotti, c’è sempre la possibilità che qualcuno accusi qualche difficoltà. Invece oggi, tutto liscio come l’olio, anche se a Mantova nella notte qualche muscolo indolenzito si era fatto sentire sotto forma di morso alle cosce.
Invece gli infiniti rettilinei, per niente eccitanti, che ci hanno portato prima a Cremona, poi a Piacenza, poi a Stradella e infine verso Voghera e Tortona (la parte finale per fortuna è stata leggermente più movimentata e mossa e quindi meno noiosa) sono stati segnati dalla presenza amica e silenziosa del vento a favore. Una meraviglia, che noi abbiamo saputo cogliere al volo e valorizzare, senza aumentare il ritmo, quasi mai sopra i 30/33 km all’ora ma proprio per permettere alle gambe di riposarsi e di prendere un ritmo di frequenza elevato e quindi defaticante. Siamo stati intelligenti.
L’infinita statale non restarà anche lei tra i nostri indelebili ricordi di ciclista, ma certamente le doverose foto scattate sotto la cattedrale di Cremona e il famoso e mastodontico Torrazzo faranno parte sicuramente del film dei ricordi che ogni anno, grazie alla cura e all’attenzione del Presidente Franco e del consigliere Mario Penzo, viene proiettato in occasione del pranzo sociale nell’ospitale Ca’ delle Anfore, a Quarto d’Altino. Una bella macchia verde nella piazza sonnacchiosa durante il solito tram tram domenicale delle 10 e 30 del mattino, tra un cappuccino e un aperitivo dei locali. Noi invece non possiamo concederci ancora certe rilassatezze ma dobbiamo continuare e solo a quota 110 chilometri troviamo il nostro Franco Gusso alle prese con i fornelli. Ha scelto un ottimo piazzale ombroso davanti a un bel cimitero di un paesino che aveva un nome vagamente sinistro per noi amanti della bicicletta (Frenorotto). E proprio la presenza del cimitero ha certamente allietato e rallegrato, paradossalmente, i ciclisti perché offre conforto ai vivi grazie alla presenza di un’ottima e rinfrescante fontana.
W i morti che aiutano i vivi, in una sorta di passaggio di consegne. Per il momento beviamo noi e brindiamo! Grazie a Gusso che ha sfornato una pastasciutta da 4 chili per queste bocche fameliche di ciclisti affaticati. Poi abbiamo fatto la festa a un bel salame di Felino, acquistato dalla previdente ed esperta Biancaneve, e a una forma di formaggio. Dei veri e propri aspirapolvere. Se ieri, alla sosta pranzo, abbiamo avuto il piacere di essere ricevuti dal sindaco di Orgiano e dallla simpaticissima Assessora alla Cultura, oggi siamo soli e possiamo lasciarci andare anche  a qualche battuta salace e qualche scherzo goliardico. Tutto fa gruppo.
Al pomeriggio si riprende e con grande gioia scopriamo che il vento è ancora e sempre nostro alleato. Il panorama si fa leggermente più interssante, fanno capolino da distante i colli pavesi con degli affascinanti vigneti che semprano pettinati.
La monotonia la fa sempre da padrona e allora la nostra attenzione si rivolge al nostro interno. Si chiacchera delle ultime medaglie italiane del giorno di chiusura delle Olimpiadi di Pechino e il mio sguardo immediatamente cade sul nostro socio muranese che sta pedalando al nostro fianco, Bepi Schiavon detto Bufalo, grande campione della voga veneta, vincitore della regata storica, campione del remo, ma soprattutto, almeno in questa occasione, olimpionico della voga, sesto classificato a Tokio 2008 nel canottaggio, otto con. Insomma un vero campione, un mito da cui imparare e una persona, anche in bicicletta, da rispettare. Al suo fianco pedala spesso l’amico e muranese Daniele Bullo, dal profilo antico di un inca, appassionato di ogni sport e dal fisico statuario modellato e plasmato dal continuo sforzo fisico cui viene sottoposto. Insomma, non me me vogliano gli altri soci, ma sono due veri sportivi da emulare e rispettare. Assieme a Stefano, Michele e Francesco costituiscono il gruppo irriducibile dell’isola lagunare, già ribattezzati, simpaticamente per sottolinearne l’origine, il club dei capparozzolanti.
Alle 17.50 scatta l’ora della birra, come ad ogni arrivo ci sembra certamente la più buona del mondo, nella splendida cascina che ci ospita e ci conforta, dopo questi lunghi ma significativi 190 chilometri.
Domani a Cuneo, e il giorno dopo lo spauracchio e il fascino per noi ciclisti, il Col della Lombarda e il Col del la Bonette, 2803 metri, tra le più dure salite alpine francesi
Chi è che dice che al Pedale Veneziano sono tutti pensionati che non vogliono fare fatica? Noi vi smentiamo ogni giorno che passa.   


3° Tappa   TORTONA - CUNEO

Un pellegrinaggio laico

Oggi, secondo il programma prestabilito dal nostro ottimo cartografo Piero, ci vogliono solo 150 chilometri per portarci da Rivalta Scrivia fino a Cuneo. Scherziamo? Così pochi? Così, su due piedi ci siamo inventati una deviazione, ovviamente una famigerata allungatoia, per poter recarci presso Castellania, patria di Fausto Coppi, e rendere omaggio al campionissimo, un vero mito per tutti noi e sempre vivo nel cuor dei ciclisti anche più giovani. Figurarsi per il sottoscritto, che ha scelto per il proprio figlio questo nome in onore a Coppi. E così, a maggioranza, si decide per questo pellegrinaggio laico al monumento funebre di Fausto e Serse. Lì troviamo un amico del Pedale Veneziano, Piero Coppi, primo cugino del campione, vice-sindaco di Castellania e custode del mausoleo qui eretto. Ci siamo conosciuti e apprezzati vicendevolmente, In occasione del viaggio ufficiale che il Pedale ha effettuato nel 2000 proprio fino a Castellania: lo scambio di doni e le reciproche cortesie hanno permesso di costruire un rapporto di amicizia duraturo. Foto ricordo anche con lui e poi via, verso la nostra meta ai piedi delle montagne.
La prima immagine di questa tappa che mi è restata impressa nella retina è, alla partenza, questa lunghissima teoria di ombre semoventi, silenziose, riflesse sui campi appena arati: Le zolle sembravano onde impazzite, un mare in tempesta e le ombre ballavano come vecchi fotogrammi di un film in bianco e nero. Ondeggianti e frenetiche ma nello stesso tempo salde e sicure, un po’ la nostra vera immagine, simulacro di delicatezza ma nello stesso tempo di indomita resistenza.
Vedremo anche quest’oggi: il sole sta finendo il suo lavori di lenta cottura dei corpi. Braccia, visi, coscie e polpacci sono quasi ustionati. Se ci aggiungiamo la fatica e la stanchezza, siamo veramente cotti a puntino.
Dopo la nostra allungatoia passiamo per Alessandria, Alba, Bra, tutte zone assai conosciute per la bontà dei vini (e infatti abbiamo notato moltissimi vigneti) e anche per le ricercate nocciole, altrettanto presenti lungo il percorso. Le strade, dopo i primi due giorni di corsa, che corrispondvano al week-end, cominciano ad essere trafficate e decidiamo infatti di dividerci in tre gruppi  maggior garanzia della nostra incolumità: spesso quando uno dei numerosissimi bisonti della strada deve superare le 26 maglie neroverdi, infatti, emette un sinisto ruggito per segnalare la sua presenza e poi, subito dopo, sentiamo sfiorarci i corpi da una carezza della morte. Veramente pericoloso, invece in tre gruppi siamo meno ingombranti e i soprassi riescono meglio.
Alla fine raggiungiamo Cuneo che il nostro contachilometri è a quota 185. Anche per oggi è fatta, ci gustiamo la bella città piemontesi ai piedi dell Alpi e domani… ci sarà la tappa monstre, da oltre 4000 metri di dislivello e 150 chilometri. Essendo la seconda salita, il Col de la Bonette, opzionale, domani vedremo chi se la sentirà di effettuare il sommo sforzo. Ora basta, è mezzanotte e mezza, tra cinque ore suona la sveglia… 
Rivalta Scrivia-Cuneo = km 185


4° Tappa   CUNEO - AURON

Tappa monstre
Ebbene sì, è andato tutto bene, siamo riusciti a mettere in archivio anche la tappa decisamente più dura, una piccola sfida che tutti noi abbiamo voluto intraprendere soprattutto nei nostri confronti. Infatti, che c’azzeccano le salite del Col de la Lombarda e della Bonette con la costa azzurra? Certo, se uno avesse voluto scegliere la via più facile (e forse anche la più breve) avrebbe decisamente puntato sulla costiera ligure ma si sa, un pizzico di audacia, l’amore per l’epica della bicicletta e il gusto dell’impresa ci hanno spinti sui tornanti delle salite rese celebri dal Tour de France, che anche quest’anno le ha scalate. D’altronde, noi del Pedale tanto normali non siamo, con questo rapporto apparentemente inconciliabile tra l’acqua e la bici, tra il nostro centro storico e la viabilità su due ruote. E così, alla mattina alle 7.30 in punto, prima del solito perchéla tappa è lunghissima, ci muoviamo dalla piazza principale di Cuneo, già brulicante di vita per l’enorme mercato settimanale che si tiene proprio il martedì. Gettiamo qualche distratto sguardo ai banchetti ma la nostra attenzione è già proiettata verso le montagne, che inquadriamo già nel nostro personale mirino. 35 chilometri per avvicinarsi, superiamo Vinadio e quindi appare l’attacco del Col de la Lombarda. Con noi si aggrega, lungo la strada, anche un ciclista locale, Massimo, col quale scambiamo qualche interessante battuta e che poi ci accompagna lungo la salita. Non durissima ma di ben 22 chilometri, che approda agli oltre 2300 metri di altitudine: per molti di noi l’altitudine più alta mai raggiunta su due ruote e uno sforzo decisamente improbo. Quindi ognuno col proprio passo, con l’obiettivo di non superare i propri limiti e di non mettere in difficoltà eccessiva i muscoli delle gambre già provati da tre tappe molto lunghe, ben 540 chilometri in soli tre giorni. La salità non è cattiva, impegnativa sicuramente ma con pendenza media attorno al 7,5%. I più preparati si danno battaglia ma la maggior parte del gruppo è impegnato in una lotta personale nel salire con calma e lentezza, secondo le personali capacità. L’ascesa è abbastanza costante e ad una certa altezza comiciano a sentirsi i caratteristici fischi delle marmotte. Qualcuno riesce a vederle, qualcun altro invece vede le streghe.
Il traffico lungo questo valico alpino che collega Italia con Francia non è poi così scarso e bisogna stare sempre attenti. Lungo la salita superiamo due ragazze indomite che con mountain-bike e bagagli si stanno facendo un giro di 4/5 giorni sulle Alpi francesi. Scambiamo qualche parola, anche chiacchierare in salita consente di distrarsi dalla fatica e allegerisce la difficoltà. Complimenti a loro. Ma complimenti anche a noi tutti, perché la vetta del Col della Lombarda è conquistata da tutti e 26, anche da quelli meno preparati, anche da quelli meno giovani. Resterà per tutti un bellissimo ricordo, una grande soddisfazione, un ulteriore motivo di orgoglio. Bravi a tutti. Dominiamo dall’alto il santuario di Sant’Anna di Vinadio, a quota 2100 metri, il santuario più alto d’Europa, ma nessuno se l’è sentita, a tre quarti di ascesa, di aggiungere altri quattro chilometri al calvario. A tutto c’è un limite.
A proposito di limiti, 8 intrepidi ciclisti decidono di provare ad andare a scalare anche la Bonette, la salita più alta d’Europa con i suoi 2803 metri, dopo che i francesi, col solito sciovinismo che li contraddistingue, hanno deciso di togliere il primato allo Stelvio portando la strada un sessantina di metri più in alto da dove una volta scollinava. Ah, la grandeur!
Comunque, si diceva, gli otto indomiti ciclisti si gettano a capofitto per la discesa mentre tutti gli altri si fermeranno per la consueta pstasciutta e poi con calma raggiungeranno l’albergo.
Dopo la picchiata si raggiunge il fondovalle, una strada rognosa e tignosa, un falsopiano in leggera salita e spesso controvento che avevamo sentito citare nelle cronache del Tour del France come tratto difficiclissimo perché mette a rischio la tenuta di chi volesse sviluppare un’andatura sostenuta prima di arrivare alla base della salita. Non è certo il nostro caso perché la nostra scommessa è da vincere soprattutto con la testa e con una buona gestione del fisico. In più, per partire prima, non abbiamo neppure mangiato la solita pastasciutta e abbiamo consumato al volo qualche frutto e qualche merendina dal furgone di Gusso. A completare e integrare l’alimentazione, decisiva in casi come questo dove si consumano circa 5000/6000 calorie, è stata decisiva la presenza della macchina delle mogli, 5 signore che hanno seguito i loro mariti (e quindi tutti noi) in un parallelo tour culturale: alla sera in albergo ci si racconta i reciproci viaggi, quello che hanno fatto e visto, e si sta in compagnia. Oggi le signore ci hanno salvato la vita, e di questo non smetteremo mai di ringraziarle perché ci hanno raggiunto e hanno integrato la nostra alimentazione (probabilmente non sufficiente) togliendosi letteralmente il pane di bocca e regalandoci il loro pranzo (alcuni panini al formaggio). Inoltre è previsto che ci accompagnino fino in cima, dato che furgone e moto restano col gruppo più grosso, come è ovvio e giusto. La loro presenza quindi è essenziale anche per il trasporto del vestiario che dovremo indossare per la picchiata dai 2803 metri fino a fondovalle.
A Sant’Etienne comincia la salita, lo spauracchio, ma si rivela ben presto, nonostante la fatica accumulata precedentemente, assolutamente fattibile: presa con tranquillità e ognuno col proprio passo si riesce in circa 2 ore e mezza a superarla e quindi abbiamo la possibilità e la enorme sodisfazione di posare sul cartello che indica la strada più alta d’Europa. Nel frattempo il buon Giancarlo, con la sua moto, ci ha raggiunto e sostenuto negli ultimi tratti. Grazie infinite anche a lui.
Ma, nel frattempo, si sa che in alta montagna il tempo è assai volubile, si sono addensate alcune nuvole nere che si trasformano in un violento temporale. L’epica della tappa è rispettata in pieno perché ora ci si deve lanciare in una discesa abbastanza pericolosa con la strada fradicia  un freddo che pentra nelle ossa. Con la dovuta attenzione riusciamo a superare anche questa difficoltà, anche se le mani e le gambe sono squassate da una sorta di delirium tremens. Giunti alla base della salita scopriamo che Auron, nostra sede di tappa, si trova in cima ad una salita di 7 km, molto dura. Bagnati, stanchi e sufficientemente soddisfatti, decidiamo che a tutto c’è un limite e ci facciamo accompagnare in macchina dalla gentilissima Sabrina che fa la spola. E così, alle 7 di sera, si concude questa tappa epica.
E domani, Nizza.

5° Tappa   AURON - NIZZA

L’arrivo

Et voilà, les jeux son fait. Siamo giunti a Nizza dopo una pedalata di 800 chilometri in 5 giorni: tutto è andato liscio come l’olio, nessun problema grave, ci stiamo godendo la maestosità della Promenade des Anglais dall’alto della sella mentre attorno a noi bagnanti, ragazze in bikini, pattinatori, passeggiatori e molti turisti ci guardano stupiti. A prima vista sembriamo appartenere a due mondi distanti, uno fatto di fatica e sofferenza e l’altro invece di godimento e di relax. E invece no, questi due mondi non sono poi così diversi: la bellezza di godersi il raggiungimento di un obiettivo, conquistato poi con le proprie forze, con la propria tenacia, attraverso la relativa lentezza che regala la bicicletta ci dà una grande soddisfazione e ci fa godere e anche rilassare.
Sembra incredibile ma solo 5 giorni fa eravamo sulle sponde della laguna, oggi siamo nella goduriosa Costa Azzurra, con uno sfavillante mare blu cobalto. Noi, col nostro passetto da lumache (almeno al cospetto dei mezzi motorizzati) siamo arrivati inesorabilmente fino a qui, ma – a differenza da chi ci ha impiegato poche ore di tempo - ci ricorderemo perfettamente dei borghi attraversati, degli alberi da frutto adocchiati sul ciglio della strada, dei noccioli, degli animali schiacchiati sull’asfalto, del gusto dell’acqua di quella determinata fontana, dei cartelli stradali, delle scritte sui muri o lungo la salita della Bonette, che porta ancora le stimmate dei tifosi del Tour de France. E questo ce lo porteremo nei nostri ricordi, lo metteremo in un cassetto della memoria ben sapendo che, prima o poi, quando meno ce lo aspetteremo, tornerà a galla una visione, un rumore, un profumo che ci farà venire in mente di “quella volta che semo andai a Nizza”.
Oggi la tappa è molto breve, solo 105 chilometri di cui la maggior parte in forte discesa per giungere fino al mare; e partiamo da quota 1600 di Auron. Così alle nove e mezza della mattina, in piena rilassatezza, ci tuffiamo nella valle che ci porterà in Costa Azzurra.
Una vera e propria goduria, un’esperienza ciclistica indimenticabile: di fatto sono stati 70 chilometri di discesa, più o meno pendente, durante la quale quasi mai abbiamo dovuto pedalare, su strada di montagna ma sufficientemente larga tanto da non avere paura. Curve pennellate dal trenino neroverde che ha tracciato delle traiettorie perfette e delicate. Le gambe, ancora un po’ sottosforzo per la prova di ieri, si sono decisamente riposate e rilassate, proprio come noi. Pensate che in questi primi 70 chilometri i nostri computerini da manubrio segnavano ben 38 chilometri all’ora di media. E il tutto senza colpo ferire, quasi senza accorgecene. Bene, benissimo. A mezzogiorno abbiamo un appuntamento con cinque ciclisti della locale società nizzarda che ci sono venuti incontro per farci festa. Ci portano sulle rive di un bel torrente per consumare il pranzo assieme: si sono portati dei panini ma non sanno del nostro desiderio di condividere con loro la capacità e le doti del nostro autista e chef (mai come qui in Francia il titolo è più appropriato) Franco Gusso. Quindi anche loro assieme a noi ci si spara l’ultima pastascitta della serie, col gusto particolare della soddisfazione e del raggiungimento dello scopo. Ma c’è tempo anche per un simpatico e rilassantissimo fuori programma: le acque del fresco torrente accolgono i corpi nudi di una decina di ciclisti, non particolarmente belli da vedere, a dire il vero, con il corpo candido e braccia e coscie arroventate dal sole. Fattostà è stato un bellissimo momento di goliardia e di relax, immortalato anche da qualche scatto a luci rosse. Se qualcuno prima o poi sgarrerà, le useremo come armi di ricatto, con la minaccia di mettere il filmato su Youtube.
Alle 14 e 30 ultima ripartenza, dopo il caffè (c’è addirittura qualcuno che ha trovato in mezzo alla pineta una correzione col Fernet Branca) per coprire gli utlimi 25 chilometri che ci separano dalla nostra meta. I ciclisti francesi fanno da apripista, a volte anche con eccessiva veemenza, nonostante le nostre raccomandazioni di andare piano per evitare inconvenienti o addirittura la beffa di qualche incidente proprio alla fine. Il presidente Franco quest’oggi ci aveva proprio pregato di frenare gli istinti bellicosi e di stare sempre “in campana” perché ben si sa che il primo e l’ultimo giorno sono i più pericolosi, mentre noi non possiamo permetterci di far cadere l’attenzione e la tensione. In più non c’è nessuna fretta poiché il nostro obiettivo è di giungere a Nizza, presso l’albergo che ci ospita, per le quattro del pomeriggio, in concomitanza col pullman di familiari partito questa mattina da Piazzale Roma alle 7.00. Sarà una bella soddisfazione ritrovarli e condividere con loro questi tre giorni di vacanza in Costa Azzurra. E poi daremo a loro, e a noi, la soddisfazione di accoglierci con un meritato applauso alla conclusione della fatica.
E così avviene, alle 16 e 15, quasi in orario sulla tabella di marcia. Abbracci, complimenti e un’occhiatina al contachilometri.
Altri105 chilometri in carniere. Fanno in tutto 800. Bene. Il viaggio in bicicletta è finito, nei prossimi giorni instaureremo un bel rapporto con le autorità locali e soprattutto coi ciclisti nizzardi. Ora abbiamo voglia di un bel bagno nel mare cobalto. Ce lo siamo veramente meritato. Arrivederci a tutti, scusate per le difficoltà di trasmissione che hanno impedito una messa in rete quotidiana e puntuale dei nostri resoconti e l’appuntamento sarà al prossimo viaggio a pedali. Grazie.
Colgo l’occasione per ringraziare Vesport, nelle persone di Alessandro Rizzardini e Franco Bacciolo, che ha ospitato gentilmente il nostro diario e che ci ha concesso uno spazio nell’ambito dello sport veneziano, per quanto, come nel nostro caso, assolutamente amatoriale. Grazie infinite a Franco e Alessandro.
Ciao.