Dal 23 al 27 agosto 2008
1°
Tappa VENEZIA - MANTOVA
Di
nuovo in sella!
«Mama madona dei Veneziani, ti te ricordi secoli fa,
l’ambasciatore dei mantovani a giugno a peste el n’ha portà...»
Sotto le volute concentriche in marmo, i cosiddetti
torciglioni, della Basilica di Santa Maria della Salute non possono non venirci
in mente le prime strofe della nota canzone di Alberto D’Amico. Ecco, oggi noi
siamo qui riuniti, alle ore 8.30 di una luminosissima mattina di fine agosto
vagamente commossi, all’ombra della cupola della Salute per la partenza
dell’ennesimo viaggio del Pedale Veneziano. Abbiamo deciso ormai da anni di
iniziare le nostre spedizioni, tranne rarissime eccezioni, sempre da qui, da
questa basilica che è sicuramente la più cara ai veneziani doc, che ci ricorda
il passato, il legame con la nostra storia, che ci fa anche sperare in un
tragitto ricco di salute e senza inconvenienti. Noi ciclisti le tentiamo tutte,
ne abbiamo veramente bisogno di salute, fortuna e protezione, sotto tutte le
forme, sempre in equilibrio precario su un paio di centimetri di caucciù a
pochissima distanza da potenziali strumenti di morte che ci sfiorano di
continuo.
Amici, parenti, figli, nipoti, una variopinta folla,
che a stento nasconde la fatica di un risveglio precoce (anche al sabato così
presto, uffa!) la faccia baffuta e gioviale del nostro assessore allo Sport,
Sandro Simionato, ventisei biciclette appoggiate sugli scalini ndella magnifica
basilica, pur abbondantemente incerottata e bendata per via degli immancabili
restauri. Tutto questo hanno visto i pochi turisti mattutini che vagavano sulle
sponde del Canal Grande. Hanno potuto assistere alla cerimonia breve ma
sentita, alle parole toccanti del nostro assessore che ci augura buona fortuna
e ci ringrazia per portare un’altra volta il nome di Venezia sportiva in giro
per il mondo, con la nostra immagine scanzonata ma seria, pulita, di
appassionati dello sport puro, immagina molto distante – anche dal punto di
vista anagrafico – rispetto ad uno sport di puro agonismo e competizione.
Scambio di doni con l’Assessore Simionato e anche con l’amico Italo Trevisan,
in un impeccabile completo candido, nostro uomo all’Avana, anzi a Montecarlo,
che ci aiutato a tenere i rapporti istituzionali con la capitale monegasca.,
col governo e con la locale casa da gioco per gli incontri ufficiali di sabato
30 agosto. Un grazie dii cuore anche a te, Italo.
Espletate le formalità, le foto di rito con lo
striscione che reclamizza la nostra spedizione, gli scatti fotografici con
tutti noi e anche con i sette fedelissimi amici ciclisti di Orgiano, giunti in
laguna dalla cittadina vicentina dei Monti Berici, soci della locale società
ciclistica gemmellata col Pedale Veneziano. Accompagneranno tutti noi e
scorteranno il loro presidente Biagio Pedrina nella prima parte della tappa
dato che proprio ad Orgiano faremo la sosta pranzo grazie alla potente
organizazione della locale Pro Loco e del gruppo degli alpini.
Ma basta ciance, è veramente ora e tempo di mettersi
in sella, anche se si sa che la prima tappa deve sempre pagare dazio gli
impegni istituzionali. Alle 10,20 riusciamo finalmente a partire, non senza
aver fatto una capatina nella Chiesa dei Tolentini, dove ci aspettava il nostro
don Mario, che ospita nei locali del patronato la nostra sede sociale, che ha
voluto salutarci e rivolgerci una preghiera benaugurale rivolta ai viaggiatori.
Tra la Madonna
della Salute e don Mario oggi abbiamo fatto veramente il pieno. Ci sentiamo in
una botte di ferro, anche un laico irriducibile come me.
Si parte e le gambe finalmente cominciano a girare:
era ora. Passano davanti i nostri occhi i paesini della riviera del Brenta, da
Oriago a Mira, a Dolo a Stra, dove non possiamo non sostare sotto la villa
Pisani, altro luogo legato alla storia di Venezia, seppur ai tragici giorni
della caduta della Repubblica e di Napoleone.
Poi si riprende ed ecco Padova, lo strappo di Teolo
che ha visto i ciclisti darsi un po’ di battaglia e da qui comincia il tratto
più bello, isolato, con poche macchine, curve sinuose prati verdissimi sotto i
colli occhieggianti e poi la via di transito verso i colli berici,
apprezzatissima, intima. E’ incredibile ma anche nel Nord-est più produttivo,
normalmente conosciuto come luogo affollato da capannoni industriali e da i
famigerati non-luoghi, cioè gli ipermercati e i centri commerciali, si possono
trovare degli angoli paradisiaci. E noi ce li godiamo tutti.
All’una e venti giungiamo ad Orgiano dove veniamo
coccolati e rifocillati con pastasciutta, prosciutto, formaggio, insalata,
frutta e caffè: il tutto condito da tanta amicizia e simpatia. Grazie amici,
non sapremo come sdebitarci.
E al pomeriggio cominciano le dolenti note: alle tre
in punto si riprende e il caldo afoso è accompagnato da un forte vento
contrario. Cosa vuol dire? Che bisogna spingere sui pedali, che bisogna
faticare, che gli infiniti rettilinei si trasformano in un lento calvario,
almeno per qualcuno, evidentemente un po’ meno allenato. Del resto siamo a
quota 140 chilometri .
Provvidenziale sosta all’ostello di Legnago, struttura
ultra-moderna e super-attrezzata che grazie ai buoni uffici e al buon rapporto
di collaborazione dell’onnipresente Biagio ci offre una sosta ristoratrice. Ci
voleva.
Nel gruppo cala il silenzio, si transita per Cologna
Veneta, alcuni di noi amano farsi frustare le gambe dall’erbacce altissime che
crescono sui bordi della strada e ci danno un piccolo sussulto e uno stimolo a
continuare. Maledetti ciclisti, siamo un po’ masochisti. E siamo a quota 150 chilometri , nei
pressi di Mantova su una statale che non resterà certo nella nostra storia di
ciclisti. Del resto, la bassa è così, prendere o lasciare. Alle 18.20 giungiamo
finalmente a Mantova con un ingresso trionfale sul ponte che separa il lago
inferiore da quello superiore e la siluette dei campanili e dlle cupole
mantovane.
Birra meritatissima, doccia e… a domani.
2°
Tappa MANTOVA - TORTONA
A seconda come gli…
La
bicicletta è un esercizio, per fortuna, altamente democratico e quello che un
giorno ti toglie, il giorno successivo te lo restituisce, magari con gli
interessi. E così succede oggi durante la lunghissima tappa che ci porta da
Mantova a Tortona, anzi a Rivalta Scrivia. 190 chilometri , mica
bazzeccole. Se ieri, nel pomeriggio, il protagonista è stato il forte vento
trasversale che ha messo a dura prova i ciclisti, prosciugandone le energie,
oggi abbiamo trovato lungo tutto il percorso sempre un incoraggiante e fresco
venticello a favore che ci ha accompagnato, sospinto, come una invisibile mano,
verso la nostra meta lontana. E ben ce ne incolse, perché dopo la tappa di
ieri, se avessimo trovato ulteriori difficoltà qualcuno avebbe decisamente
tribolato più del necessario. Del resto in un gruppo così numeroso, dove i
nonni sono decisamente in numero maggiore rispetto ai giovanotti, c’è sempre la
possibilità che qualcuno accusi qualche difficoltà. Invece oggi, tutto liscio
come l’olio, anche se a Mantova nella notte qualche muscolo indolenzito si era
fatto sentire sotto forma di morso alle cosce.
Invece
gli infiniti rettilinei, per niente eccitanti, che ci hanno portato prima a
Cremona, poi a Piacenza, poi a Stradella e infine verso Voghera e Tortona (la
parte finale per fortuna è stata leggermente più movimentata e mossa e quindi
meno noiosa) sono stati segnati dalla presenza amica e silenziosa del vento a
favore. Una meraviglia, che noi abbiamo saputo cogliere al volo e valorizzare,
senza aumentare il ritmo, quasi mai sopra i 30/33 km all’ora ma proprio per
permettere alle gambe di riposarsi e di prendere un ritmo di frequenza elevato
e quindi defaticante. Siamo stati intelligenti.
L’infinita
statale non restarà anche lei tra i nostri indelebili ricordi di ciclista, ma
certamente le doverose foto scattate sotto la cattedrale di Cremona e il famoso
e mastodontico Torrazzo faranno parte sicuramente del film dei ricordi che ogni
anno, grazie alla cura e all’attenzione del Presidente Franco e del consigliere
Mario Penzo, viene proiettato in occasione del pranzo sociale nell’ospitale Ca’
delle Anfore, a Quarto d’Altino. Una bella macchia verde nella piazza
sonnacchiosa durante il solito tram tram domenicale delle 10 e 30 del mattino,
tra un cappuccino e un aperitivo dei locali. Noi invece non possiamo concederci
ancora certe rilassatezze ma dobbiamo continuare e solo a quota 110 chilometri
troviamo il nostro Franco Gusso alle prese con i fornelli. Ha scelto un ottimo
piazzale ombroso davanti a un bel cimitero di un paesino che aveva un nome
vagamente sinistro per noi amanti della bicicletta (Frenorotto). E proprio la
presenza del cimitero ha certamente allietato e rallegrato, paradossalmente, i
ciclisti perché offre conforto ai vivi grazie alla presenza di un’ottima e
rinfrescante fontana.
W i
morti che aiutano i vivi, in una sorta di passaggio di consegne. Per il momento
beviamo noi e brindiamo! Grazie a Gusso che ha sfornato una pastasciutta da 4
chili per queste bocche fameliche di ciclisti affaticati. Poi abbiamo fatto la
festa a un bel salame di Felino, acquistato dalla previdente ed esperta Biancaneve,
e a una forma di formaggio. Dei veri e propri aspirapolvere. Se ieri, alla
sosta pranzo, abbiamo avuto il piacere di essere ricevuti dal sindaco di
Orgiano e dallla simpaticissima Assessora alla Cultura, oggi siamo soli e
possiamo lasciarci andare anche a qualche battuta salace e qualche
scherzo goliardico. Tutto fa gruppo.
Al
pomeriggio si riprende e con grande gioia scopriamo che il vento è ancora e
sempre nostro alleato. Il panorama si fa leggermente più interssante, fanno
capolino da distante i colli pavesi con degli affascinanti vigneti che semprano
pettinati.
La
monotonia la fa sempre da padrona e allora la nostra attenzione si rivolge al
nostro interno. Si chiacchera delle ultime medaglie italiane del giorno di
chiusura delle Olimpiadi di Pechino e il mio sguardo immediatamente cade sul
nostro socio muranese che sta pedalando al nostro fianco, Bepi Schiavon detto
Bufalo, grande campione della voga veneta, vincitore della regata storica,
campione del remo, ma soprattutto, almeno in questa occasione, olimpionico
della voga, sesto classificato a Tokio 2008 nel canottaggio, otto con. Insomma
un vero campione, un mito da cui imparare e una persona, anche in bicicletta,
da rispettare. Al suo fianco pedala spesso l’amico e muranese Daniele Bullo,
dal profilo antico di un inca, appassionato di ogni sport e dal fisico
statuario modellato e plasmato dal continuo sforzo fisico cui viene sottoposto.
Insomma, non me me vogliano gli altri soci, ma sono due veri sportivi da
emulare e rispettare. Assieme a Stefano, Michele e Francesco costituiscono il
gruppo irriducibile dell’isola lagunare, già ribattezzati, simpaticamente per
sottolinearne l’origine, il club dei capparozzolanti.
Alle
17.50 scatta l’ora della birra, come ad ogni arrivo ci sembra certamente la più
buona del mondo, nella splendida cascina che ci ospita e ci conforta, dopo
questi lunghi ma significativi 190 chilometri .
Domani
a Cuneo, e il giorno dopo lo spauracchio e il fascino per noi ciclisti, il Col
della Lombarda e il Col del la
Bonette , 2803
metri , tra le più dure salite alpine francesi
Chi
è che dice che al Pedale Veneziano sono tutti pensionati che non vogliono fare
fatica? Noi vi smentiamo ogni giorno che passa.
3°
Tappa TORTONA - CUNEO
Un
pellegrinaggio laico
Oggi, secondo il programma prestabilito dal nostro
ottimo cartografo Piero, ci vogliono solo 150 chilometri per
portarci da Rivalta Scrivia fino a Cuneo. Scherziamo? Così pochi? Così, su due
piedi ci siamo inventati una deviazione, ovviamente una famigerata allungatoia,
per poter recarci presso Castellania, patria di Fausto Coppi, e rendere omaggio
al campionissimo, un vero mito per tutti noi e sempre vivo nel cuor dei
ciclisti anche più giovani. Figurarsi per il sottoscritto, che ha scelto per il
proprio figlio questo nome in onore a Coppi. E così, a maggioranza, si decide
per questo pellegrinaggio laico al monumento funebre di Fausto e Serse. Lì
troviamo un amico del Pedale Veneziano, Piero Coppi, primo cugino del campione,
vice-sindaco di Castellania e custode del mausoleo qui eretto. Ci siamo
conosciuti e apprezzati vicendevolmente, In occasione del viaggio ufficiale che
il Pedale ha effettuato nel 2000 proprio fino a Castellania: lo scambio di doni
e le reciproche cortesie hanno permesso di costruire un rapporto di amicizia
duraturo. Foto ricordo anche con lui e poi via, verso la nostra meta ai piedi
delle montagne.
La prima immagine di questa tappa che mi è restata
impressa nella retina è, alla partenza, questa lunghissima teoria di ombre
semoventi, silenziose, riflesse sui campi appena arati: Le zolle sembravano
onde impazzite, un mare in tempesta e le ombre ballavano come vecchi fotogrammi
di un film in bianco e nero. Ondeggianti e frenetiche ma nello stesso tempo
salde e sicure, un po’ la nostra vera immagine, simulacro di delicatezza ma
nello stesso tempo di indomita resistenza.
Vedremo anche quest’oggi: il sole sta finendo il suo
lavori di lenta cottura dei corpi. Braccia, visi, coscie e polpacci sono quasi
ustionati. Se ci aggiungiamo la fatica e la stanchezza, siamo veramente cotti a
puntino.
Dopo la nostra allungatoia passiamo per Alessandria,
Alba, Bra, tutte zone assai conosciute per la bontà dei vini (e infatti abbiamo
notato moltissimi vigneti) e anche per le ricercate nocciole, altrettanto
presenti lungo il percorso. Le strade, dopo i primi due giorni di corsa, che
corrispondvano al week-end, cominciano ad essere trafficate e decidiamo infatti
di dividerci in tre gruppi maggior garanzia della nostra incolumità:
spesso quando uno dei numerosissimi bisonti della strada deve superare le 26
maglie neroverdi, infatti, emette un sinisto ruggito per segnalare la sua
presenza e poi, subito dopo, sentiamo sfiorarci i corpi da una carezza della
morte. Veramente pericoloso, invece in tre gruppi siamo meno ingombranti e i
soprassi riescono meglio.
Alla fine raggiungiamo Cuneo che il nostro
contachilometri è a quota 185. Anche per oggi è fatta, ci gustiamo la bella
città piemontesi ai piedi dell Alpi e domani… ci sarà la tappa monstre, da
oltre 4000 metri
di dislivello e 150
chilometri . Essendo la seconda salita, il Col de la Bonette , opzionale, domani
vedremo chi se la sentirà di effettuare il sommo sforzo. Ora basta, è
mezzanotte e mezza, tra cinque ore suona la sveglia…
Rivalta Scrivia-Cuneo = km 185
4°
Tappa CUNEO - AURON
Tappa
monstre
Ebbene
sì, è andato tutto bene, siamo riusciti a mettere in archivio anche la tappa
decisamente più dura, una piccola sfida che tutti noi abbiamo voluto
intraprendere soprattutto nei nostri confronti. Infatti, che c’azzeccano le
salite del Col de la Lombarda
e della Bonette con la costa azzurra? Certo, se uno avesse voluto scegliere la
via più facile (e forse anche la più breve) avrebbe decisamente puntato sulla
costiera ligure ma si sa, un pizzico di audacia, l’amore per l’epica della
bicicletta e il gusto dell’impresa ci hanno spinti sui tornanti delle salite
rese celebri dal Tour de France, che anche quest’anno le ha scalate.
D’altronde, noi del Pedale tanto normali non siamo, con questo rapporto apparentemente
inconciliabile tra l’acqua e la bici, tra il nostro centro storico e la
viabilità su due ruote. E così, alla mattina alle 7.30 in punto, prima del
solito perchéla tappa è lunghissima, ci muoviamo dalla piazza principale di
Cuneo, già brulicante di vita per l’enorme mercato settimanale che si tiene
proprio il martedì. Gettiamo qualche distratto sguardo ai banchetti ma la
nostra attenzione è già proiettata verso le montagne, che inquadriamo già nel
nostro personale mirino. 35
chilometri per avvicinarsi, superiamo Vinadio e quindi
appare l’attacco del Col de la
Lombarda. Con noi si aggrega, lungo la strada, anche un
ciclista locale, Massimo, col quale scambiamo qualche interessante battuta e
che poi ci accompagna lungo la salita. Non durissima ma di ben 22 chilometri , che
approda agli oltre 2300
metri di altitudine: per molti di noi l’altitudine più
alta mai raggiunta su due ruote e uno sforzo decisamente improbo. Quindi ognuno
col proprio passo, con l’obiettivo di non superare i propri limiti e di non
mettere in difficoltà eccessiva i muscoli delle gambre già provati da tre tappe
molto lunghe, ben 540
chilometri in soli tre giorni. La salità non è cattiva,
impegnativa sicuramente ma con pendenza media attorno al 7,5%. I più preparati
si danno battaglia ma la maggior parte del gruppo è impegnato in una lotta
personale nel salire con calma e lentezza, secondo le personali capacità.
L’ascesa è abbastanza costante e ad una certa altezza comiciano a sentirsi i
caratteristici fischi delle marmotte. Qualcuno riesce a vederle, qualcun altro
invece vede le streghe.
Il
traffico lungo questo valico alpino che collega Italia con Francia non è poi
così scarso e bisogna stare sempre attenti. Lungo la salita superiamo due
ragazze indomite che con mountain-bike e bagagli si stanno facendo un giro di
4/5 giorni sulle Alpi francesi. Scambiamo qualche parola, anche chiacchierare
in salita consente di distrarsi dalla fatica e allegerisce la difficoltà.
Complimenti a loro. Ma complimenti anche a noi tutti, perché la vetta del Col
della Lombarda è conquistata da tutti e 26, anche da quelli meno preparati,
anche da quelli meno giovani. Resterà per tutti un bellissimo ricordo, una
grande soddisfazione, un ulteriore motivo di orgoglio. Bravi a tutti. Dominiamo
dall’alto il santuario di Sant’Anna di Vinadio, a quota 2100 metri , il santuario
più alto d’Europa, ma nessuno se l’è sentita, a tre quarti di ascesa, di
aggiungere altri quattro chilometri al calvario. A tutto c’è un limite.
A
proposito di limiti, 8 intrepidi ciclisti decidono di provare ad andare a
scalare anche la Bonette ,
la salita più alta d’Europa con i suoi 2803 metri , dopo che i
francesi, col solito sciovinismo che li contraddistingue, hanno deciso di
togliere il primato allo Stelvio portando la strada un sessantina di metri più
in alto da dove una volta scollinava. Ah, la grandeur!
Comunque,
si diceva, gli otto indomiti ciclisti si gettano a capofitto per la discesa
mentre tutti gli altri si fermeranno per la consueta pstasciutta e poi con
calma raggiungeranno l’albergo.
Dopo
la picchiata si raggiunge il fondovalle, una strada rognosa e tignosa, un
falsopiano in leggera salita e spesso controvento che avevamo sentito citare
nelle cronache del Tour del France come tratto difficiclissimo perché mette a
rischio la tenuta di chi volesse sviluppare un’andatura sostenuta prima di
arrivare alla base della salita. Non è certo il nostro caso perché la nostra
scommessa è da vincere soprattutto con la testa e con una buona gestione del
fisico. In più, per partire prima, non abbiamo neppure mangiato la solita
pastasciutta e abbiamo consumato al volo qualche frutto e qualche merendina dal
furgone di Gusso. A completare e integrare l’alimentazione, decisiva in casi
come questo dove si consumano circa 5000/6000 calorie, è stata decisiva la
presenza della macchina delle mogli, 5 signore che hanno seguito i loro mariti
(e quindi tutti noi) in un parallelo tour culturale: alla sera in albergo ci si
racconta i reciproci viaggi, quello che hanno fatto e visto, e si sta in
compagnia. Oggi le signore ci hanno salvato la vita, e di questo non smetteremo
mai di ringraziarle perché ci hanno raggiunto e hanno integrato la nostra
alimentazione (probabilmente non sufficiente) togliendosi letteralmente il pane
di bocca e regalandoci il loro pranzo (alcuni panini al formaggio). Inoltre è
previsto che ci accompagnino fino in cima, dato che furgone e moto restano col
gruppo più grosso, come è ovvio e giusto. La loro presenza quindi è essenziale
anche per il trasporto del vestiario che dovremo indossare per la picchiata dai
2803 metri
fino a fondovalle.
A
Sant’Etienne comincia la salita, lo spauracchio, ma si rivela ben presto,
nonostante la fatica accumulata precedentemente, assolutamente fattibile: presa
con tranquillità e ognuno col proprio passo si riesce in circa 2 ore e mezza a
superarla e quindi abbiamo la possibilità e la enorme sodisfazione di posare
sul cartello che indica la strada più alta d’Europa. Nel frattempo il buon
Giancarlo, con la sua moto, ci ha raggiunto e sostenuto negli ultimi tratti. Grazie
infinite anche a lui.
Ma,
nel frattempo, si sa che in alta montagna il tempo è assai volubile, si sono
addensate alcune nuvole nere che si trasformano in un violento temporale.
L’epica della tappa è rispettata in pieno perché ora ci si deve lanciare in una
discesa abbastanza pericolosa con la strada fradicia un freddo che pentra
nelle ossa. Con la dovuta attenzione riusciamo a superare anche questa
difficoltà, anche se le mani e le gambe sono squassate da una sorta di delirium
tremens. Giunti alla base della salita scopriamo che Auron, nostra sede di
tappa, si trova in cima ad una salita di 7 km , molto dura. Bagnati, stanchi e
sufficientemente soddisfatti, decidiamo che a tutto c’è un limite e ci facciamo
accompagnare in macchina dalla gentilissima Sabrina che fa la spola. E così,
alle 7 di sera, si concude questa tappa epica.
E
domani, Nizza.
5°
Tappa AURON - NIZZA
L’arrivo
Et voilà, les jeux son fait. Siamo giunti a Nizza dopo una
pedalata di 800
chilometri in 5 giorni: tutto è andato liscio come
l’olio, nessun problema grave, ci stiamo godendo la maestosità della Promenade
des Anglais dall’alto della sella mentre attorno a noi bagnanti, ragazze in
bikini, pattinatori, passeggiatori e molti turisti ci guardano stupiti. A prima
vista sembriamo appartenere a due mondi distanti, uno fatto di fatica e
sofferenza e l’altro invece di godimento e di relax. E invece no, questi due
mondi non sono poi così diversi: la bellezza di godersi il raggiungimento di un
obiettivo, conquistato poi con le proprie forze, con la propria tenacia,
attraverso la relativa lentezza che regala la bicicletta ci dà una grande
soddisfazione e ci fa godere e anche rilassare.
Sembra
incredibile ma solo 5 giorni fa eravamo sulle sponde della laguna, oggi siamo
nella goduriosa Costa Azzurra, con uno sfavillante mare blu cobalto. Noi, col
nostro passetto da lumache (almeno al cospetto dei mezzi motorizzati) siamo
arrivati inesorabilmente fino a qui, ma – a differenza da chi ci ha impiegato
poche ore di tempo - ci ricorderemo perfettamente dei borghi attraversati,
degli alberi da frutto adocchiati sul ciglio della strada, dei noccioli, degli
animali schiacchiati sull’asfalto, del gusto dell’acqua di quella determinata
fontana, dei cartelli stradali, delle scritte sui muri o lungo la salita della
Bonette, che porta ancora le stimmate dei tifosi del Tour de France. E questo
ce lo porteremo nei nostri ricordi, lo metteremo in un cassetto della memoria
ben sapendo che, prima o poi, quando meno ce lo aspetteremo, tornerà a galla
una visione, un rumore, un profumo che ci farà venire in mente di “quella volta
che semo andai a Nizza”.
Oggi
la tappa è molto breve, solo 105 chilometri di cui la maggior parte in forte
discesa per giungere fino al mare; e partiamo da quota 1600 di Auron. Così alle
nove e mezza della mattina, in piena rilassatezza, ci tuffiamo nella valle che
ci porterà in Costa Azzurra.
Una
vera e propria goduria, un’esperienza ciclistica indimenticabile: di fatto sono
stati 70 chilometri
di discesa, più o meno pendente, durante la quale quasi mai abbiamo dovuto
pedalare, su strada di montagna ma sufficientemente larga tanto da non avere
paura. Curve pennellate dal trenino neroverde che ha tracciato delle
traiettorie perfette e delicate. Le gambe, ancora un po’ sottosforzo per la prova
di ieri, si sono decisamente riposate e rilassate, proprio come noi. Pensate
che in questi primi 70
chilometri i nostri computerini da manubrio segnavano
ben 38 chilometri
all’ora di media. E il tutto senza colpo ferire, quasi senza accorgecene. Bene,
benissimo. A mezzogiorno abbiamo un appuntamento con cinque ciclisti della
locale società nizzarda che ci sono venuti incontro per farci festa. Ci portano
sulle rive di un bel torrente per consumare il pranzo assieme: si sono portati
dei panini ma non sanno del nostro desiderio di condividere con loro la
capacità e le doti del nostro autista e chef (mai come qui in Francia il titolo
è più appropriato) Franco Gusso. Quindi anche loro assieme a noi ci si spara
l’ultima pastascitta della serie, col gusto particolare della soddisfazione e
del raggiungimento dello scopo. Ma c’è tempo anche per un simpatico e
rilassantissimo fuori programma: le acque del fresco torrente accolgono i corpi
nudi di una decina di ciclisti, non particolarmente belli da vedere, a dire il vero,
con il corpo candido e braccia e coscie arroventate dal sole. Fattostà è stato
un bellissimo momento di goliardia e di relax, immortalato anche da qualche
scatto a luci rosse. Se qualcuno prima o poi sgarrerà, le useremo come armi di
ricatto, con la minaccia di mettere il filmato su Youtube.
Alle
14 e 30 ultima ripartenza, dopo il caffè (c’è addirittura qualcuno che ha
trovato in mezzo alla pineta una correzione col Fernet Branca) per coprire gli
utlimi 25 chilometri
che ci separano dalla nostra meta. I ciclisti francesi fanno da apripista, a
volte anche con eccessiva veemenza, nonostante le nostre raccomandazioni di
andare piano per evitare inconvenienti o addirittura la beffa di qualche
incidente proprio alla fine. Il presidente Franco quest’oggi ci aveva proprio
pregato di frenare gli istinti bellicosi e di stare sempre “in campana” perché
ben si sa che il primo e l’ultimo giorno sono i più pericolosi, mentre noi non
possiamo permetterci di far cadere l’attenzione e la tensione. In più non c’è
nessuna fretta poiché il nostro obiettivo è di giungere a Nizza, presso
l’albergo che ci ospita, per le quattro del pomeriggio, in concomitanza col
pullman di familiari partito questa mattina da Piazzale Roma alle 7.00. Sarà
una bella soddisfazione ritrovarli e condividere con loro questi tre giorni di
vacanza in Costa Azzurra. E poi daremo a loro, e a noi, la soddisfazione di
accoglierci con un meritato applauso alla conclusione della fatica.
E
così avviene, alle 16 e 15, quasi in orario sulla tabella di marcia. Abbracci,
complimenti e un’occhiatina al contachilometri.
Altri105
chilometri in carniere. Fanno in tutto 800. Bene. Il viaggio in bicicletta è
finito, nei prossimi giorni instaureremo un bel rapporto con le autorità locali
e soprattutto coi ciclisti nizzardi. Ora abbiamo voglia di un bel bagno nel
mare cobalto. Ce lo siamo veramente meritato. Arrivederci a tutti, scusate per
le difficoltà di trasmissione che hanno impedito una messa in rete quotidiana e
puntuale dei nostri resoconti e l’appuntamento sarà al prossimo viaggio a
pedali. Grazie.
Colgo
l’occasione per ringraziare Vesport, nelle persone di Alessandro Rizzardini e
Franco Bacciolo, che ha ospitato gentilmente il nostro diario e che ci ha
concesso uno spazio nell’ambito dello sport veneziano, per quanto, come nel
nostro caso, assolutamente amatoriale. Grazie infinite a Franco e Alessandro.
Ciao.